Onorevoli Colleghi! - A dieci anni della sentenza della Corte costituzionale n. 360 del 1996, che ha definitivamente sancito come la ripetuta reiterazione dei decreti-legge confligga sia con il requisito dell'urgenza che con il carattere di provvisorietà dei medesimi richiesti dall'articolo 77 della Costituzione per l'adozione da parte del Governo dei provvedimenti di urgenza - determinando in tale modo una surrettizia sostituzione del decreto-legge alla legge ordinaria - si può affermare che tale fenomeno è stato sostituito da quello del sempre più frequente ricorso allo strumento della delegazione legislativa.
      Certo, finché l'utilizzo di questo sistema è funzionale alle esigenze di una semplificazione legislativa e si basa su criteri oggettivi e ben inquadrabili nell'ambito del dettato costituzionale, esso non può diventare motivo di preoccupazione. Ma nel corso dell'ultimo decennio, e in modo particolarmente sensibile nella XIII legislatura, purtroppo, si è verificato un ricorso generalizzato a tale strumento, che induce a una certa apprensione ravvisandosi gli estremi di un vero e proprio abuso della funzione legislativa delegata.
      Nel corso della XIII legislatura sono, infatti, stati numerosissimi i decreti legislativi emanati dal Governo su materie sempre più ampie.
      Si può dire, quindi, che l'esercizio della funzione legislativa da parte del Governo non costituisce più un'eccezione rispetto alla regola ma, piuttosto, una misura costante attraverso la quale la maggioranza che appoggia l'Esecutivo trasferisce a quest'ultimo prerogative che sembrano «spogliare», ogni giorno di più, il Parlamento delle funzioni che gli sono proprie.

 

Pag. 2


      Il continuo ricorso alla delega legislativa rende sostanzialmente difficile il concorso dell'Assemblea parlamentare nella scelta delle modalità con cui si estrinseca l'esercizio della delega da parte del Governo.
      I pareri richiesti alle competenti Commissioni parlamentari sono, ormai, una pura finzione procedurale dal momento che proprio le Commissioni non possono intervenire in modo sostanziale nel testo oggetto della delega legislativa.
      Lo scopo della presente proposta di legge costituzionale è, quindi, quello di attribuire a una minoranza qualificata di ciascuna Camera la possibilità di rivolgersi direttamente alla Corte costituzionale per sollevare la questione di legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge. Tale opportunità rappresenta una soluzione equilibrata tra le esigenze della maggioranza di Governo di delegare sempre di più all'Esecutivo le funzioni legislative e quelle dell'opposizione volte a evitare che sia violato l'articolo 76 della Costituzione nella parte in cui stabilisce le regole per l'esercizio delegato della funzione legislativa, nonché per reagire a provvedimenti che siano al di fuori dei rigidi parametri e limiti stabiliti dalla legge delega al Governo.
      A tale fine, all'articolo 1 si enuncia il principio cardine della proposta di legge costituzionale, vale a dire la possibilità attribuita a un quinto dei componenti di ciascuna delle due Camere di adire, mediante apposita istanza, la Corte costituzionale qualora ravvisi l'incostituzionalità di una legge o di un atto avente forza di legge.
      L'articolo 2, al comma 1, stabilisce i termini entro cui l'istanza deve essere presentata e, al comma 2, disciplina il ruolo del Presidente della Camera i cui membri hanno sollevato la questione di legittimità costituzionale.
      Infine, l'articolo 3, attraverso un esplicito richiamo alla legge 11 marzo 1953, n. 87, prevede le disposizioni di carattere procedurale applicabili allo strumento disciplinato dalla proposta di legge costituzionale in esame, diretto a consentire a una minoranza di appartenenti a una Camera di sollevare, quindi, proprio la questione di legittimità costituzionale nei confronti dei soli provvedimenti legislativi adottati nel corso della legislatura.
 

Pag. 3